Il blogger risponde dei commenti dei suoi followers? Un saggio di Bruna Alessandra Fossati, esperta di diritto dell’informazione, affronta temi irrisolti.

Immersi come siamo nei new media e nei social media, riusciamo a volte a conoscerne le più complesse (e formali) regole comportamentali e semantiche, ma quasi mai siamo padroni delle norme deontologiche che dovrebbero regolarne l’uso. Non sempre è colpa nostra: le leggi e la giurisprudenza sono in ritardo, nei confronti della comunicazione pù tecnologica. I Codici sono stati scritti in una diversa era geologica, quando ancora non esistevano i computer, figurarsi se era prevedibile Facebook, o Twitter.

A colmare la lacuna provvede un saggio davvero agile (soltanto 207 pagine), pubblicato da una nuova casa editrice: la Munari Cavani Publishing di Milano. Ideata e fondata come prolungamento editoriale e culturale dello Studio legale Munari Cavani, l’importante law-firm specializzata soprattutto in diritto societario e commerciale, fondata da Alessandro Munari e Raffaele Cavani, la nuova casa editrice punta a riempire i vuoti nell’editoria specializzata nel diritto. E, spiega Munari, “cerca un’apertura ad altre forme comunicative e di linguaggio che spaziano dall’economia al cinema, dall’arte alla cultura in generale”.

Il saggio s’intitola La diffamazione tra media nuovi e tradizionali, e a scriverso è stata Bruna Alessandra Fossati, avvocato e socia dello studio. Esperta di diritto dell’informazione, autrice di pubblicazioni e di contributi sui giornali italiani in materia di tutela della reputazione, l’avvocato Fossati affronta il tema della diffamazione partendo dalle basi della giurisprudenza più recente. Ma allarga il tema all’immenso spettro delle attività online che possono essere definite “non-giornalismo”: perché il binomio informazione-giornalista, ormai, è parzialmente superato proprio dalle nuove tecnologie comunicative e dai grandi social network.

Di Maurizio Tortorella

 

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