L’istituto della composizione negoziale della crisi d’impresa di cui DL 118/2021, convertito dalla L. n. 147/2021, oggi disciplinato dal Codice della Crisi d’Impresa di cui al D. Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, riconosce all’impresa in crisi la facoltà di far ricorso, ove possibile, a finanziamenti prededucibili.

Il finanziamento prededucibile deve, in concreto, palesarsi da un lato strumentale alla continuità aziendale ed all’attuazione del piano di risanamento predisposto dall’impresa, dall’altro idoneo alla migliore soddisfazione dei creditori dell’impresa i quali, in ipotesi, potranno eventualmente far valere la prededuzione ex post in ambito concorsuale.
La ratio della composizione negoziata della crisi è sottesa al risanamento dell’impresa attraverso trattative tra il debitore e i creditori, alla presenza di un terzo, l’esperto, che agevola le stesse e facilita la conclusione di un accordo. La composizione negoziata rientra tra gli strumenti approntati dal Legislatore per prevenire la disaggregazione del compendio aziendale dell’imprenditore. L’obiettivo è quello di incentivare l’emersione anticipata della crisi, intercettando quelle situazioni di difficoltà economica, finanziaria e patrimoniale che ne costituiscono le prime avvisaglie.

La composizione negoziata della crisi non è una procedura concorsuale: l’imprenditore che vi accede rimane in bonis, non è assoggettato ad alcuno spossessamento e può compiere autonomamente tutti gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione. E ciò in conformità alle prescrizioni di matrice europea che prediligono tali soluzioni rispetto all’apertura di procedure prettamente liquidatorie, come il fallimento o la liquidazione giudiziale, che tendenzialmente espungono l’impresa dal mercato.

L’imprenditore proattivo e tempestivo ha dunque la possibilità di risanare l’impresa mediante la continuazione diretta dell’attività ovvero mediante la cessione dell’azienda in esercizio a terzi, preservandone il valore e consentendo alla stessa di continuare ad operare sul mercato.
Le autorizzazioni giudiziali al compimento di particolari atti non riguardano, infatti, la validità o l’efficacia degli stessi, ma solo la possibilità di beneficiare di alcuni vantaggi contemplati dalla relativa disciplina, quali: la prededucibilità di taluni finanziamenti, la deroga all’art. 2560 c.c. nel caso di cessione di azienda e, infine, la rinegoziazione di alcuni contratti se le relative prestazioni sono divenute eccessivamente onerose.

In particolare, con riferimento ai finanziamenti il Legislatore ha previsto tre distinte tipologie: (i) il finanziamento erogabile da un qualunque terzo soggetto a favore dell’imprenditore che abbia promosso la composizione negoziata; (ii) il finanziamento erogabile da un socio a favore della società che abbia promosso la composizione negoziata; (iii) il finanziamento erogabile a favore della società che abbia promosso la composizione negoziata da un’altra società appartenente al gruppo di cui anche essa faccia parte.

A ciascuno di tali finanziamenti è attribuito il beneficio della prededuzione, che potrà essere fatto valere solo nel caso in cui intervenga successivamente il fallimento, e non nell’ambito della medesima composizione negoziata, visto che essa – si ribadisce – non è una procedura concorsuale alla quale applicare la regola della par condicio.
Proprio la possibilità di fruire della prededuzione in caso di successivo ed eventuale fallimento dovrebbe incentivare i potenziali finanziatori, alla condizione preliminare e imprescindibile che il tribunale verifichi e valuti che i finanziamenti siano funzionali rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori.
È lecito quindi interrogarsi quale sia il perimetro d’indagine che il Tribunale deve effettuare.

Innanzitutto, il Giudice verifica la sussistenza del requisito oggettivo su cui l’imprenditore ha avuto accesso alla composizione negoziata, ovverossia lo squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che rende probabile la crisi o l’insolvenza, purché risulti ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa. Una prima condizione ampia ma, nel contempo, subordinata al secondo presupposto della fondata probabilità di perseguire il risanamento, poiché le due premesse devono essere congiuntamente soddisfatte.

L’indagine del Giudice, chiamato a intervenire in un procedimento di natura negoziale, è condizionata dal supporto probatorio a disposizione e sussiste altresì la possibilità di nomina di un ausiliario ex art. 68 c.p.c. (consulente “atipico”, in quanto privo di requisiti professionali specifici, ma da designare con grande accuratezza) al fine delle verifiche in merito non solo alla funzionalità dei finanziamenti rispetto alla continuità aziendale e alla miglior soddisfazione dei creditori, ma anche al complessivo fabbisogno finanziario del debitore.
Infine, il Tribunale deve indagare circa la destinazione della nuova finanza prevista nell’art. 10 del DL 118/2021, oggi art. 22 CCII e, quindi, è necessario che l’intervento sia destinato alla continuità aziendale in una situazione di crisi di liquidità, al fine specifico di evitare che la carenza di risorse finanziarie non diventi la causa di uno stato di insolvenza irreversibile, ferma restando la necessità di una valutazione complessiva riferita all’intero ceto creditorio.

Si assiste, quindi, a un vaglio autorizzatorio del Tribunale concesso ex ante (sulla destinazione funzionale del finanziamento alla continuità aziendale e alla migliore realizzazione dell’interesse dei creditori), affinché ex post si possa (eventualmente) beneficiare della prededuzione in ambito concorsuale. Una volta intervenuta l’apertura di una procedura concorsuale, il terzo (o il socio o la società appartenente al medesimo “gruppo”) che ha erogato il finanziamento “autorizzato”, non potrà essere ritenuto responsabile (civilmente o penalmente), sul rilievo che il finanziamento è stato pregiudizievole per la massa dei creditori.
Ed è proprio nel contesto sopra riferito che si sono espresse le prime pronunce giurisprudenziali di merito (in particolare, Tribunale di Bergamo, II sez. civ., 5 luglio 2022, ord.).

Con la previsione dell’istituto in esame il Legislatore, dunque, da una parte, ha inteso favorire il risanamento dell’impresa sulla base del dialogo con i creditori sotto l’egida di un professionista indipendente, e dall’altra parte, ha demandato all’Autorità giudiziaria il potere di accordare al debitore istante il compimento di operazioni che possono rendere anche del tutto superfluo lo svolgimento delle trattative stesse. Accanto alle autorizzazioni relative ai finanziamenti interamente prededucibili offerti da terzi ai sensi dell’art. 10, comma 1, DL n. 118/2021, oggi art. 22 CCII, occorre considerare, infatti, che una riduzione notevole del margine di contrattazione può prodursi anche in ragione dei permessi che il Tribunale può rilasciare, sempre nell’ottica della funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale e della migliore soddisfazione dei creditori, in merito alle cessioni di azienda, o di rami di azienda, in qualunque forma effettuate, che esentano l’acquirente dalla responsabilità per i debiti di impresa ai sensi dell’art. 2560, comma 2, c.c.

L’incidenza delle operazioni di finanziamento prededucibile sulla procedura di composizione e sulle aspettative dei creditori induce a ritenere che il Giudice, nella prassi, richiederà normalmente un parere all’esperto. Benché la valutazione del professionista sia prevista solo come facoltativa, si ritiene che il suo parere possa verosimilmente favorire il Giudice nell’esame della funzionalità degli atti autorizzandi rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori. In relazione al primo aspetto, l’esperto potrà fornire una lettura più efficace della realtà imprenditoriale della debitrice alla luce della conoscenza che lo stesso acquisirà dalla preparazione e dall’avvio delle trattative. Con riferimento al secondo, l’esperto potrà sottoporre al Giudice un’efficace sintesi dei punti di vista dei creditori coinvolti nelle trattative, che potrà rivelarsi particolarmente utile qualora questi, per la loro numerosità, non possano essere sentiti singolarmente dal Tribunale e quale alternativa a una audizione ristretta ai creditori vantanti i maggiori diritti economici (soluzione, quest’ultima, percorsa nel caso analizzato dal Tribunale di Bergamo, ove il Giudice ha acquisito il parere dell’esperto).

Nella fattispecie l’esperto ha rappresentato che la richiesta di finanziamento nella forma tecnica dello smobilizzo del factoring era funzionale al ciclo degli approvvigionamenti e, più precisamente, al pagamento degli stipendi e delle forniture e che in assenza di esso la società sarebbe stata costretta a sospendere l’attività produttiva per l’impossibilità di far fronte ai costi che derivano dalla continuità aziendale.
A fronte di detta richiesta, il Tribunale di Bergamo, all’esito del procedimento di cui alla norma citata, tenuto conto della tipologia di finanziamento richiesto e degli stimati ridotti costi dell’operazione, riteneva di consentire all’impresa di non perdere la chance di perseguire il proprio risanamento, autorizzandola a contrarre un finanziamento prededucibile, quale strumento funzionale alla migliore soddisfazione dei creditori, rispetto all’immediata interruzione della continuità aziendale e alla perdita dei flussi di cassa da essa derivanti.

Su tutte le tematiche sopra individuate, con approfondite riflessioni ed osservazioni critiche, sia consentito, tra gli altri, il rinvio a Munari, Crisi di impresa e autonomia contrattuale nei piani attestati e negli accordi di ristrutturazioneCollana “Quaderni di Giurisprudenza Commerciale”, n. 357, Giuffrè, Milano; Munari, Impresa e capitale sociale nel diritto della crisi, Collana “Diritto Commerciale Interno e Internazionale”, Giappichelli, Torino

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